Questo è un plagio
«Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande» [1] possibilità per la storia del nostro paese. Solo poche decine di anni fa lo chiamavamo asilo e a partire dal ’68 con la legge 444 esce da una “cultura assistenziale e conciliativa" [2] per entrare a far parte dell’“impegno prioritario dello Stato” [3]. Questa fondamentale legge «venne come un grande faro di speranza per milioni» di bambine e di bambini. «Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività».
«Ma» cinquanta «anni dopo», le bambine [4] «non» sono ancora sufficientemente educate, protette, sostenute, capite, comprese, non hanno ancora la possibilità di sviluppare le proprie inclinazioni, le proprie potenzialità; cinquanta «anni dopo», la vita delle bambine «è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi» della indifferenza; cinquanta «anni dopo», le bambine ancora vivono «su un’isola di povertà» educativa «in un vasto oceano di» finta «prosperità materiale»; cinquanta «anni dopo» le bambine languono «ancora ai margini della società» italiana e si trovano esiliati nella loro «stessa terra» e lo è tanto di più in certe aree del Paese.
«Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare questa nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti qui per incassare un assegno. Quando gli architetti della Repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione», in particolare quelle dell’articolo 3 ma pure quelle degli articoli 33 e 34 della Nostra Repubblica, «firmarono un "pagherò" del quale ogni» italiano «sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva» a tutte le bambine di godere «dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità», dell’istruzione e dell’educazione.
«È ovvio, oggi, che» l’Italia «è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda» le sue piccole cittadine. «Invece di onorare questo suo sacro obbligo», l’Italia «ha consegnato» loro «un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese». I fondi che sono messi a disposizione dall’Europa costituiscono per noi tutti una grande opportunità «e quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia. […]
«Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia […] Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento».
«Non ci sarà in» Italia né risveglio né ripresa «fino a quando» alle bambine «non saranno concessi i loro diritti» di cittadine.
«Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente», gente di scuola: accettate di leggere e discutere questo primo documento per far crescere la cultura dell’infanzia, per far conoscere quello che si fa a scuola, per capire cosa dicono i documenti normativi che parlano di scuola e di infanzia, di nido.
«Non dovremo permettere che» le nostre riflessioni creative degenerino in un piatto silenzio o in asfittiche e sterili critiche così che le nostre voci non vengano ascoltate. «Dovremo continuamente elevarci […] con la forza dell’anima». Dovremo continuare a leggere le pagine delle nuove acquisizioni della scienza, della pedagogia, della psicologia, delle neuroscienze, dovremo continuare a discutere, dovremo continuare a confrontarci, dovremo continuare a capire cosa significa essere una bambina in questo momento storico con una così massiccia presenza delle tecnologie digitali.
I tempi sono maturi. Non ci può essere futuro senza l’infanzia. Non ci può essere futuro per l’Italia se la politica non si occuperà dell’infanzia. Il nostro «destino» è legato al suo «destino».
«No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché» l’equità «non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente».
«E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. È un sogno profondamente radicato» in me e credo nella maggioranza delle persone di scuola, «che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali», che tutti godano di pari opportunità e pari diritti, che tutti debbano avere la possibilità di crescere con le migliori convenienze, in ambienti dedicati, con strumenti opportuni, con personale altamente formato.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno tutte le bambine possano usufruire dei benefici dello stare insieme ad altri pari, che possano coltivare i propri saperi e le proprie diversità. «È questa la nostra speranza».
«Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino» in Calabria, una regione colma «dell’arroganza dell’ingiustizia,» colma «dell’arroganza dell’oppressione», una regione dove ancora la percentuale dei nidi pubblici è solo del 3% [5], «si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia» e tutte le bambine potranno partecipare alla prima tappa del percorso di educazione e istruzione. Verrà fatto salvo così il primo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 65 del 2017: Alle bambine e ai bambini, dalla nascita fino ai sei anni, per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, sono garantite pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. «È questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud».
«Io ho davanti a me un sogno, che» a partire da oggi le nostre bambine possano avere educatrici e insegnanti con qualificazione universitaria, formate, attente alla dimensione collegiale.
«Ho davanti a me un sogno, oggi!»
«Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di crescita, di sviluppo, di fratellanza. […]
E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, piccoli e grandi, (…) sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente”», siamo educate finalmente, siamo istruite, siamo.
1. Le citazioni dal testo originale del discorso di M. Luther King (tra virgolette basse) sono tratte dalla traduzione "I have a dream", il discorso integrale, dal sito de "la Repubblica".
2. MIUR, Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei”, Documento base, s.d.
3. Ibidem.
4. Per non appesantire il testo si utilizzano i termini “cittadina/e”, “bambina/e” e “educatrice/i” per indicare sia le cittadine che i cittadini, sia le bambine sia i bambini, sia le educatrici che gli educatori.
5. Cfr. Dipartimento per le politiche della famiglia, Stato dell'arte, criticità e sviluppi del sistema educativo integrato 0-6, giugno 2020, p.9.