Questo articolo affronta, con sincerità e realismo, una serie di questioni importanti che vanno dall'insegnamento delle materia umanistiche nella scuola superiore di oggi alla presenza e al senso dell'ora di "religione" nella scuola pubblica, laica e interculturale...
Ci farebbe piacere se suscitasse qualche riflessione e qualche commento.
Del resto insegnare persegue in modo sempre più sistematico il desiderio e la volontà di essere luogo di confronto e di crescita delle idee che fanno e sostengono la scuola, in tutte le ore e per tutte le età... (m.a.)
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch' intrate.
Dante Alighieri, Inferno, canto III (vv. 1-9)
Ipotizziamo di volere proporre il terzo canto dell’Inferno, a partire da queste prime tre terzine incipitarie, a una nostra classe di riferimento, per esempio una prima classe del secondo biennio di un istituto di istruzione secondaria di secondo grado.
Il docente che, all’interno della personale programmazione per l’insegnamento della letteratura, avrà fatto fin dall’inizio della sua proposta didattica un’ introduzione complessiva a tutta la Commedia dantesca e avrà fatto analizzare almeno il primo canto, si troverà a entrare nel merito dell’analisi testuale di questo terzo canto.
Le parole riportate da Dante sono incise sulla sommità di una porta, come il poeta stesso chiarirà più avanti al v.11, che introduce nell’Inferno vero e proprio donde Dante, guidato da Virgilio, prenderà l’avvio, per il suo viaggio. La personificazione della porta - essa parla della sua funzione in prima persona - produce un grande effetto drammatico di sicuro impatto emotivo sul lettore. Le parole attraverso cui essa si esprime non solo incutono timore e precisano l’ineluttabilità della sofferenza eterna dei dannati, ma giustificano anche la condanna definitiva che viene impartita attraverso un’azione che si basa sulla giustizia divina. Tuttavia esse hanno anche un altro compito: significare all’immaginario del lettore che l’artefice della giusta condanna delle anime è stato proprio Dio nella sua onnipotenza attraverso un atto congiunto e trinitario: Padre (potestate), Figlio ( primo amore) e Spirito santo (somma sapienza).
Questo è quanto, in breve sintesi, dal punto di vista della comunicazione dei significati, il docente dovrà essere in grado di far comprendere ai suoi studenti.
Tralasciando in questa sede la trattazione della forte valenza culturale dello studio di Dante e delle implicazioni linguistico-lessicali e retoriche della Commedia stessa, in questo breve articolo ci si occuperà di indagare quale possibilità, realisticamente parlando, abbia il docente di italiano di fare apprendere in modo significativo per gli alunni l’opera dantesca. E per modo significativo intendo un tipo di apprendimento che possa radicarsi nella cultura media di un ragazzo che oggi abbia 15-16 anni attraverso i metodi didattici accreditati e praticati nell’attuale scuola italiana: per citare un solo esempio, l’insegnamento maieutico che fa leva sulle conoscenze pregresse dello studente. Si tratterà, quindi, di partire da un brainstorming iniziale per tirare fuori dagli alunni ciò che sanno già o che intuiscono, a partire dalle sollecitazioni del docente, in modo che essi possano innestare, all’interno di questo loro precedente sapere, le nuove conoscenze e farle diventare parte integrante della loro cultura.
Ci sono alcuni elementi basilari che andrebbero presi in considerazione per esaminare verosimilmente tale possibilità. Tralasciando, come si è precedentemente detto, la specificità degli elementi linguistici, che non costituisce argomento centrale di questo scritto, si circoscriverà l’analisi all’aspetto didattico riguardante i riferimenti contestuali alla commedia e alla cultura trecentesca della cristianità.
Una volta esaurita l’attività di brainstorming, alla luce delle parole-chiave e delle emozioni palesate dai ragazzi, la successiva attività sarà quella di leggere i versi e di chiarirne i significati in una interazione continua. Ma l’interazione presuppone una pre-conoscenza, ancorché minima, di alcuni concetti, che, vista la continuità scolastica di ciascuno degli allievi del terzo anno del quinquennio (o del primo anno del secondo biennio, come recitano le Indicazioni Nazionali), dovrebbe permettere al docente di “costruire insieme” alla classe una panoramica contestuale di riferimento per meglio specificare il significato profondo dei versi in questione.
Esaminiamo per esempio il concetto di Trinità sopra riportato nelle terzine citate: fecemi la divina potestate, la somma sapienza e 'l primo amore. Dopo che il docente avrà chiarito, attraverso un brainstorming lessicale, il significato di queste parole, sarà certo che la comprensione sia avvenuta con successo? Su quali elementi dell’enciclopedia personale dello studente andranno a far leva questi concetti per far sì che la comprensione sia profonda e sostanzialmente corretta in relazione all’immaginario religioso medievale ? Nessuna difficoltà dovrebbe appalesarsi al docente che abbia concorso alla stesura della programmazione degli obiettivi disciplinari del consiglio di classe. Egli infatti, in collaborazione con vari colleghi, di storia e filosofia, di storia dell’arte, di scienze -la cultura di Dante era enciclopedica- si sarà rivolto anche al collega di religione e avrà sicuramente precisato gli ambiti di contenuto entro cui muoversi con lui per raggiungere gli obiettivi disciplinari di conoscenza e di competenza relativi alla letteratura italiana del Trecento, ivi compresa la prima cantica dell’Inferno dantesco. La ricchezza e la pregnanza di contenuti che si evincono anche dalla lettura di pochi versi dell’opera è imprescindibile per la formazione letteraria e linguistica di uno studente della classe succitata, come d’altra parte prevedono le indicazioni ministeriali
[Lo studente] ha compiuto letture dirette dei testi (opere intere o porzioni significative di esse, in edizioni filologicamente corrette), ha preso familiarità con le caratteristiche della nostra lingua letteraria, formatasi in epoca antica con l’apparire delle opere di autori di primaria importanza, soprattutto di Dante. Ha una conoscenza consistente della Commedia dantesca, della quale ha colto il valore artistico e il significato per il costituirsi dell’intera cultura italiana…
E ancora, a proposito degli obiettivi specifici di apprendimento relativi al secondo biennio:
Il senso e l’ampiezza del contesto culturale, dentro cui la letteratura si situa con i mezzi espressivi che le sono propri, non possono essere ridotti a semplice sfondo narrativo sul quale si stampano autori e testi. Un panorama composito, che sappia dar conto delle strutture sociali e del loro rapporto con i gruppi intellettuali (la borghesia comunale, il clero, le corti, la città, le forme della committenza), dell’affermarsi di visioni del mondo (l’umanesimo, il rinascimento, il barocco, l’Illuminismo) e di nuovi paradigmi etici e conoscitivi (la nuova scienza, la secolarizzazione), non può non giovarsi dell’apporto di diversi domini disciplinari. È dentro questo quadro, di descrizione e di analisi dei processi culturali - cui concorrerà lo studio della storia, della filosofia, della storia dell’arte, delle discipline scientifiche - che troveranno necessaria collocazione, oltre a Dante (la cui Commedia sarà letta nel corso degli ultimi tre anni, nella misura di almeno 25 canti complessivi)…
(Indicazioni nazionali Decreto 22 Agosto 2007 , n. 139 riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento per il Liceo delle Scienze Umane - Secondo biennio, pag.18)
Alla luce di quanto riportato dalla normativa e fatta salva l’autonomia didattica dei docenti, è difficile non rilevare l’invito implicito a costruire insieme una programmazione didattica in grado di far conseguire agli studenti i suddetti obiettivi.
Se, viceversa, andiamo a esaminare cosa avviene nella prassi didattica consolidata dei consigli di classe, tranne che poche felici eccezioni, bisognerà interrogarsi su quali interazioni e intersezioni venga posta in essere e perseguita efficacemente la necessaria convergenza di obiettivi tra il docente di italiano/storia/filosofia/ e il docente di religione.
Il docente di religione dovrebbe presentare in tutte le scuole e per gli studenti che si avvalgono della sua disciplina la forte valenza culturale della religione cattolica che, in qualità di portato della cultura giudaico-cristiana, ha connotato per due millenni la cultura europea. Dico, quindi, che è assai nocivo, per la formazione complessiva dell’alunno, quanto si viene facendo invece da molti anni a questa parte, nella prassi ordinaria dell’insegnamento di religione.
Quanti docenti di letteratura di fronte alle sollecitazioni, anche elementari, poste alla propria classe sui concetti basilari del cristianesimo, sulle conoscenze fondanti della cultura cristiana sulla quale si radica tutta l’opera di Dante e di tutta la nostra tradizione letteraria, non hanno potuto constatare che gli studenti rimangono assolutamente interdetti se interrogati intorno, per esempio, al concetto di Trinità, di Podestà divina, di Primo Amore? Per non parlare di virtù teologali o cardinali. E non è certo una questione di semplice lessico, che qualsiasi docente ha l’obbligo di specificare essendo l’educazione linguistica la più trasversale delle educazioni. La mancanza di conoscenze in merito è pressoché totale.
Forse sarebbe più efficace che il docente di religione, all’interno della sua programmazione specifica, concordasse con il docente di letteratura la trattazione di alcuni capisaldi della tradizione cristiana. Sarebbe quindi molto opportuno, al di là di una pretesa educazione “religiosa” che qui è fuori discussione, e soprattutto al di fuori dell’intenzione della finalità di questo articolo, che, durante l’ora di religione, quegli studenti che se ne avvalgono (e sono la maggior parte, diciamolo apertamente), venissero invitati anche a interessarsi a tali discorsi attraverso una attività didattica mirata, interessante e accattivante e soprattutto interdisciplinare.
Cosa che non avviene quasi mai nella prassi didattica consolidata, che vede, viceversa, l’interdisciplinarità solo come un aspetto formale da inserire sì, nella programmazione di classe, ma di fatto, molto, molto opzionale, quando addirittura non praticato affatto. In questa ottica, del tutto avulsa dal contesto, per così dire, olistico, della formazione dei nostri giovani, lo spazio riservato all’insegnamento della religione, rimane un’ora in cui gli studenti di tutto dibattono e a tutto vengono stimolati tranne che, appunto all’apprendimento degli aspetti fondanti del cristianesimo.
”Infatti è sempre più frequente trovare, nei diversi consigli di classe, dei docenti di religione molto disponibili a trattare argomenti di carattere generale che investano l’ambito delle relazioni interpersonali degli studenti o problematiche sociali legate ai contesti culturali degli ambienti di provenienza degli alunni, supportate dall’uso di contenuti anche multimediali finalizzati a dibattiti sui problemi degli adolescenti. Ma, viceversa, questi stessi docenti sono molto meno disponibili a trattare argomenti che rientrino nello specifico degli aspetti fondanti del cristianesimo.
Ora, se l’insegnamento delle religione cattolica, così come si è andato configurando nelle Indicazioni nazionali, riveste un ruolo di “disciplina":
“Individuare il contenuto centrale di alcuni testi biblici, utilizzando tutte le informazioni necessarie ed avvalendosi correttamente di adeguati metodi interpretativi.
- Individuare i testi biblici che hanno ispirato le principali produzioni artistiche (letterarie, musicali pittoriche…) italiane ed europee”
Indicazioni nazionali; Appendice: Integrazioni alle Indicazioni nazionali per il curricolo relative all’insegnamento della religione cattolica (DPR 11 febbraio 2010) alla voce: “Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado”.
perché allora il docente che la insegna non si rende disponibile a sviluppare in un’ottica interdisciplinare anche un percorso che, a tutti gli effetti, concorra a far conseguire agli alunni quegli obiettivi di conoscenza del cristianesimo nella portata culturale che ha permeato di sé due millenni della nostra storia? Non si vuole, sia chiaro, parlare di “formazione religiosa” degli studenti, cosa molto lontana dall’intenzione di questo articolo, piuttosto di completare e approfondire conoscenze legate indissolubilmente alla nostra storia culturale e, nello specifico, alla nostra letteratura.
L’assenza di questo apporto di conoscenza è, a mio avviso, una gran perdita, tanto per la formazione culturale di ogni studente inserito attualmente nel percorso scolastico della secondaria superiore, quanto, in prospettiva, per le conoscenze delle radici storiche delle nuove generazioni, fermo restando il problema di trovare i mezzi più opportuni di trasmissione per quegli studenti che hanno differenti origini culturali e che intendano mantenerle.