Pubblichiamo le risposte ai nostri quesiti rivolti a testimoni scelti fra docenti universitari, ricercatori, studiosi, formatori e docenti che in questi anni abbiano attivamente operato nel campo dell'educazione linguistica.
1. Quali tra gli auspici e le raccomandazioni contenuti nelle “Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica” le sembra che sia stato maggiormente perseguito e realizzato? Quale, al contrario, le sembra che stato fortemente o del tutto disatteso? |
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Pochi negano, ormai, la centralità del linguaggio verbale (Tesi I), ma operativamente gli sviluppi di questa astratta presa di coscienza si sono tradotti molte, troppe volte, in comportamenti che vanno in due direzioni, opposte ma entrambe sbagliate: Sorte analoga è toccata al ‘radicamento nella vita biologica, emozionale, intellettuale, sociale’ (Tesi 2): nessuno lo nega, ma nessuno – o quasi nessuno - ne trae le conseguenze, né sul piano organizzativo (toccherebbe al management della scuola), né su quello valutativo né su quello didattico (a partire dall’analisi delle situazioni di partenza, vecchio cavallo di una battaglia persa). È andata ancora peggio per la tesi IV ‘I diritti linguistici nella Costituzione’: qui i passi indietro sono stati significativi, soprattutto da parte della società, che non ha ancora risposto alla chiamata costituzionale ed anzi per alcuni casi ha remato in direzione contraria: si vedano i passi indietro fatti fare alla ‘vita culturale di massa’ e la ‘gestione dei potentati dell’informazione’. Sulla pedagogia linguistica tradizionale (Tesi V-VI-VII) è difficile negare che tutte, ma proprio tutte le carenze e tutti gli errori elencati sono ancor oggi presenti e operanti, sia pure in intensità variabile, e distribuita a macchia di leopardo sulla scuola italiana: si fa ancora troppo spesso educazione linguistica esclusivamente nell’ora di italiano, si bada quasi esclusivamente alle capacità di scrittura, temi e interrogazioni sono tuttora il ‘core business’ dell’insegnamento di italiano, si insegna grammatica come una volta (ma ora non più) si insegnava il catechismo, ci si basa su teorie linguistiche obsolete, spesso obsoletissime, si ignora il retroterra dell’alunno, in definitiva ci si àncora, consapevolmente o no, alla parzialità politica e sociale che credevamo di avere cancellato da mezzo secolo. Per i dieci principi dell’educazione linguistica democratica (Tesi VIII) la situazione è complessa, e variegata: qualcosa è filtrato, ma in modo molto vario. Solo in alcune realtà didattiche avanzate qualcuno dei principi ha trovato un’applicazione integrale; in generale si può usare la formula ‘qualcosa è stato fatto’, che a me sembra decisamente insufficiente. In fondo stiamo parlando di indicazioni chiarissime e semplicissime, e di un periodo di quasi mezzo secolo… |
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2. Appare a molti innegabile che particolarmente negli ultimi anni la didattica nel campo dell’educazione linguistica e letteraria abbia registrato un sensibile arretramento su posizioni (neo)conservatrici. Condivide questo giudizio? Quale o quali ritiene sia o siano le principali cause di tale arretramento? |
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Credo che nessuno lo possa negare (e più d’uno lo confermerebbe con giubilo)... Oltre alle cause generali, da collocare in una diffusa ‘chiusura a riccio’ della società, che ha rinunciato negli ultimi decenni a molte delle conquiste precedenti (in termini di diritti sindacali, di diffusione della democrazia, di diritti della persona) credo che siano stati determinanti alcuni arretramenti e alcune mancanze specifiche. I libri di testo nascono e si diffondono come i best seller di narrativa: un’ accurata indagine di mercato rivela i gusti del lettore, e suggerisce di conseguenza i temi da trattare, i ragionamenti da far fare al lettore-studente, lo stile più gradito, grafica e copertina ecc. Parola d’ordine: assecondare i gusti del lettore. Come dire, mai nulla di nuovo, per carità. Perciò i libri di testo, da decenni ormai, non fanno che riproporre le stesse cose, aggiornando semplicemente le componenti superficiali e modaiole (grafica, multimodalità, esempi, esercizi…). |
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3. Negli anni che ci separano dalle “Dieci Tesi” si sono verificati fenomeni di forte impatto sulla realtà comunicativa e linguistica del nostro paese (la diffusione dei media digitali, i flussi migratori, la crisi occupazionale, le trasformazioni stesse dell’italiano, ecc.): vi sembra che università e scuola abbiano saputo fronteggiare in modo adeguato le emergenze educative che ne sono derivate? |
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La risposta è ovviamente NO (chi potrebbe dare una risposta diversa? Neppure il Ministro, credo/spero). Questo non vuol dire, ad essere sinceri, che in molte scuole si sia fatto molto, a volte moltissimo, e spesso benissimo. Ma per iniziative di singoli, o di piccoli gruppi, o di associazioni benemerite. Dal punto di vista istituzionale i risultati sono per molti versi miseri: i media digitali sono stati investiti di una sacralità acritica e costosa, la gestione scolastica dei flussi migratori è stata affidata a scuole e reti di scuole, ma sempre ‘senza aggravio di spesa’, le trasformazioni dell’italiano sono state bypassate da una gretta e provinciale esterofilia (che ha portato a ridicole esibizioni, anche ministeriali, di un inutile e spesso improvvisato inglese), e da una sottovalutazione dell’educazione linguistica che ha portato persino alla stesura di testi di legge di scadentissima qualità. Pare che Università e Ministero siano parte del problema. |
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4. Qualche speranza per il futuro: quale attenzione si sentirebbe di consigliare per dare nuovo vigore all’Educazione linguistica democratica nel nostro paese? |
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Gli ultimi 50 anni di scuola italiana ci hanno insegnato che il rinnovamento, anche in questo campo, non può che venire dal basso: insegnanti e futuri insegnanti, gruppi di lavoro interni alle scuole e alle reti, dirigenti ‘illuminati’ e illuminanti, associazioni che operano sul territorio mantenendo stretti legami con l’Università e la ricerca. Oltre, s’intende, a un’opera di monitoraggio attento e, quando è possibile, di intervento nella società civile, a tutti i livelli, dalla biblioteca di quartiere agli assetti amministrativi e legislativi dello Stato. Ben poco di diverso dal periodo di incubazione delle Dieci Tesi. E’ quasi obbligatorio puntare ad obiettivi più ambiziosi, ma è saggio tenersi pronti a fare i conti principalmente con se stessi, i colleghi, il Dirigente, l’associazionismo… È da lì che comincia la rimonta. |
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Di Alberto Sobrero, su questo tema, si veda anche Quale idea di lingua italiana, nello speciale dedicato dalla Enciclopedia Treccani on line ai 40 dell'Educazione linguistica democratica. |
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Professore ordinario insegna attualmente Lingua italiana e Dialettologia italiana e, dopo la laurea, ha insegnato anche nelle scuole superiori a Torino. È stato Rettore dell’Università di Lecce (1980-83) e Presidente della Società di Linguistica Italiana ed ora è Segretario nazionale del GISCEL. |