La notizia è recentissima e contraddittoria: il superiore ministero ha rimosso Gsuite for education dalla propria pagina di indicazioni sulle piattaforme digitali, per poi riproporlo dopo un tempo brevissimo.
All'origine di questa vicenda (su cui ci auguriamo di avere informazioni più chiare da tutti i soggetti coinvolti) una lettera, inviata il 10 dicembre 2020 da Privacy Network APS —associazione non-profit attiva nella tutela dei diritti delle persone —, in cui si sottolineava che, a seguito della sentenza " Schrems II" della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che invalidava "la decisione 2016/1250 della Commissione UE sull’adeguatezza del Privacy Shield, accordo internazionale che legittimava il trasferimento di dati personali dall’Unione Unione Europea agli Stati Uniti in favore di fornitori americani che aderivano al medesimo accordo", era da condannare il fatto che la piattaforma di Alphabet continuasse a trasferire dati personali degli studenti europei e italiani verso gli Stati Uniti, con l'escamotage del ricorso alle Clausole Contrattuali Standard (per altro sottoscritte dalle singole scuole e proposte alla presa visione delle famiglie anche nella primaria).
Che cosa succederà ora? Il pessimismo della ragione professionale mi fa intravvedere nell'autonomia e soprattutto nell'inerzia dei singoli istituti la via per continuare a ritenere valide almeno per l'anno scolastico in corso le convenzioni firmate. E immaginare anche qualche reazione stizzita ("la solita burocrazia!"), da parte di coloro che — in genere a propria insaputa — condividono l'interessato parere espresso qualche anno fa da Mark Zuckerberg a favore della trasparenza radicale. In tutti i casi, è l'occasione per pretendere davvero chiarezza sulla struttura e sulle implicazioni degli impegni presi dalla scuola. E soprattutto su quelli del fornitore del servizio per ciò che riguarda la tutela dei minori, ovvero l'uso della rete da parte di ragazze e ragazzi, specialmente se presso il proprio domicilio, magari senza adulti presenti.
L'ottimismo della volontà politica, per contro, mi mette in disaccordo con gli amici di Privacy Network, quando affermano "Non abbiamo nulla contro la "grande G".
Io ritengo, invece, che siamo finalmente di fronte a una prima, anche se piccola, crepa di un pericolosissimo progetto egemonico, di cui Google non è il solo protagonista e in cui lo scenario dominato dalle piattaforme del capitalismo di sorveglianza è considerato l'unico possibile.
Insomma, dobbiamo denunciare con forza l'universalismo tecnocratico in cui è immersa quotidianamente l'istruzione pubblica e rifiutare di piegarci definitivamente: la scuola non deve diventare l'istituzione che eroga, fa acquisire, valuta e certifica capacità operative e competenze cognitive adattive, voucher culturali subordinanti, unità di misura del valore del capitale umano posseduto nella società della competizione.
Nel pubblicare questo contributo di Marco Guastavigna, facciamo sommessamente notare come, ai primi di marzo 2020, all'insorgere della retorica della "DAD come occasione per cambiare la scuola", invitammo con un appello pubblico dal titolo Per ridurre i danni della “mancata presenza” ad avviare un monitoraggio pubblico " indipendente e trasparente, [...] immune da marketing, ricerca di consenso e volontà di orientamento" e mettemmo in guardia dalla "subordinazione delle istituzioni pubbliche alle piattaforme del capitalismo di sorveglianza " e dal "marketing istituzionale sull’efficacia 'a prescindere' della 'didattica digitale'”, quale etichetta "omologante che ha consentito un’OPA della mentalità liberista sulla 'scuola attiva', laboratoriale e altre tradizioni tipiche dell’insegnamento militante mediante la retorica dell’innovazione fine a se stessa".
Abbiamo già rilevato come non solo raccogliemmo scarso consenso, ma fummo tacciati di conservatorismo restauratore, per tacere di altre fantasiose accuse di natura politica.
Ora che siamo immersi nella controretorica del "tutti in presenza" e dei guasti prodotti dal digitale, e mentre finalmente il Ministero - salvo ripensamenti - è costretto a far retromarcia sulle sue roboanti convenzioni (e convinzioni?) del recente passato, e non pochi lamentano lo strapotere illecito delle piattaforme commerciali, ci auguriamo che finalmente si inauguri per il bene della scuola e della società italiana un confronto politico e culturale capace di ridare linfa e credibilità a un progetto di scuola pubblica, al servizio dell'emancipazione dei singoli e delle collettività e non degli interessi di questo o quel protagonista del panorama economico e comunicativo globalizzato. (m.a.)