Autointervista sul registro elettronico.
Di questi tempi il pensiero divergente non è di moda. Per cui, mi faccio le domande e mi do le risposte.
1. Scuole al lavoro per adottare il registro elettronico. Si stanno spendendo soldi, tempo e risorse umane. Ma è proprio indispensabile?
No, non penso che il registro elettronico sia uno strumento indispensabile e francamente non ritengo nemmeno che sia necessario. Non vi è alcun obbligo per le scuole di adottarlo: i vincoli apparentemente imposti dalla spending review del 2012 sono caduti a fronte dell’evidente mancanza di infrastrutture in moltissime situazioni. Il registro elettronico si è così ridotto a rappresentare una verniciata di falsa modernità, di pseudo-innovazione, tutta centrata sull’attrazione fatale esercitata dalle tecnologie sull’immaginario didattico globale, grazie anche a un diffusissimo atteggiamento acritico. La sola ratio attualmente è la possibilità di comunicare in tempo reale con le famiglie; coloro che si muniscono di credenziali (nome utente e password) sono messi nelle condizioni di conoscere immediatamente valutazioni, assenze, eventuali note disciplinari e altre comunicazioni riguardanti gli scolari e gli studenti.
Ciclicamente ha poi grande successo mediale – istituti e Ministero sono molto attenti al marketing concettuale – la segnalazione via SMS da parte delle scuole, più preoccupate degli aspetti fiscali di frequenze e apprendimenti che della mancata presenza dei figli, ai genitori, i quali hanno richiesto di attivare questo tristissimo servizio la cui matrice relazionale è la sfiducia nei confronti dei ragazzi.
Va detto anche che le attuali procedure non assicurano ai documenti prodotti e archiviati su supporto elettronico le caratteristiche richieste dalla Pubblica Amministrazione, cioè autenticità, integrità, non ripudiabilità. Quanto residente sui server dei fornitori del servizio alle scuole, insomma, non è opponibile in giudizio in caso di contenzioso. Solo la stampa su carta, la timbratura e la firma assegnano un vero valore legale alle presenze degli insegnanti, ai voti, alle giustificazioni delle assenze e così via. Ma coloro che percepiscono i canoni per la realizzazione del registro elettronico tacciono accuratamente queste semplici informazioni e bombardano gli utenti dei loro servizio di una gragnola di nozioni tecniche.
Per non parlare dei frequenti malfunzionamenti delle applicazioni o del fatto che un’assenza pomeridiana di un alunno annotata sul registro di classe viene automaticamente inserita sul registro dell’insegnante anche per le ore mattutine, in cui l’allievo stesso era invece presente, costringendo a continui controlli e correzioni. Per tacere la lentezza della connessione a Internet - spesso causata dal fatto che le scuole (mal consigliate) hanno acquistato access point non professionali, non in grado di garantire l’accesso contemporaneo di molti utenti -, con conseguente sottrazione di tempo alla didattica: ciò che sulla carta si fa in pochi istanti, a volte sul supporto digitale richiede parecchi minuti. Per non sottolineare, infine, la mancanza di un numero di dispositivi adeguatamente funzionanti, tanto che sono noti casi in cui gli insegnanti vengono obbligati da dirigenti scolastici troppo zelanti o dalla pressione dell’ambiente a utilizzare risorse personali e a sostenere spese forzose. La forzatura è del resto una delle caratteristiche fondamentali dell’operazione registro elettronico.
2. C’è chi dice che nelle superiori può essere utile, ma che nella primaria è inutile se non addirittura dannoso. Qual è la sua opinione?
Per quanto mi riguarda, trovo il registro elettronico inutile – se non addirittura dannoso – anche nella secondaria di secondo grado. Dicevo prima che si tratta di falsa innovazione. Vi è un aspetto paradossale che chiarisce bene questa mia affermazione. L’algoritmo docimologico implementato dalle applicazioni distribuite dai principali fornitori è il calcolo automatico della media dei voti. Con straordinarie raffinatezze matematiche: ho accertato personalmente che il famosissimo 6+ - ancora utilizzato nonostante precisi passati inviti del Ministero a impiegare esclusivamente espressioni numeriche intere - vale nel calcolo da parte del software 6.20! Il registro elettronico, insomma, implementa, rendendola in qualche modo oggettiva, una pratica di valutazione assolutamente discutibile e discussa, che molti e da molto tempo ritengono non in grado di misurare il progresso realizzato da un allievo; sono previsti dei correttivi alla procedura standard, ma attraverso operazioni faticose e astruse, che rischiano di diffondere tra gli insegnanti un atteggiamento di rassegnazione.
L’apparente evoluzione comunicativa, insomma, diventa involuzione forzata dei metodi valutativi. È probabile che questo faccia meno danni nella scuola superiore, che ha sempre utilizzato i voti decimali. È certamente molto probabile che un trasferimento meccanico di questo modo di valutare sia nella secondaria di primo grado sia nella primaria, che hanno conosciuto e valorizzato dal punto di vista didattico e professionale altre modalità di descrizione e quantificazione degli apprendimenti, faccia ulteriori danni, oltre a quelli già provocati dalle cosiddette riforme, tra cui appunto la reintroduzione dei voti, purtroppo bene accetta da molta opinione pubblica, che vi riconosce modalità di valutazione note e ha un’impressione di chiarezza e trasparenza che in realtà sono assolutamente fasulle.
3. C’è il rischio che il registro elettronico diminuisca ulteriormente il “dialogo” fra scuola e famiglie?
Non condivido l’allarmismo esagerato di molti, in particolare di coloro che, in scatenati articoli di fondo basati su una sorta di opinionismo selvaggio, arrivano ad affermazioni davvero gustose, come chi qualche tempo fa confuse la dematerializzazione dei documenti della Pubblica Amministrazione con la smaterializzazione, pratica magica tipica degli illusionisti!Credo piuttosto che ci siano un rischio e una speranza. Si rischia un aumento della pressione delle famiglie sulla scuola, in un momento in cui quest’ultima non gode né di buona salute né di buona fama. Essere messi al corrente in tempo reale dell’andamento scolastico del proprio rampollo può spingere molti tra i genitori iperprotettivi a continue richieste di chiarimenti, proteste, contestazioni, con la possibile conseguenza di rendere la valutazione un processo tutt’altro che sereno. Per contro, possiamo sperare che l’ubriacatura elettronica passi, che diventino evidenti gli aspetti demagogici e manipolatori – per non parlare degli interessi commerciali – della vicenda, e che scemi di conseguenza il superficiale entusiasmo che ha contagiato molti: se questo avrà luogo, la comunità educativa potrà riprendere in mano la questione della comunicazione tra scuola e famiglie e immaginare e praticare soluzioni davvero trasparenti ed efficaci, fondate sulla condivisione e non sull’imposizione.